In Sicilia sono molto diffuse le feste tradizionali collegate al culto di San Giuseppe, sposo di Maria e padre putativo di Gesù, ed a Sant’Anna di Caltabellotta lo sanno bene, preparando in Suo onore la celebre Tavulata di San Giuseppi, rituale che impegna la stragrande maggioranza dei cittadini e che si svolge in due giornate: il 18 marzo con la Fucata o Luminaria ed il 19 con la Tavulata.
Il 18, subito dopo i Vespri, la popolazione di Sant’Anna attende l’uscita di San Michele che, portato sulla vara a spalla dai ragazzi ed incoraggiato dalla marcia intonata dalla banda del paese e dagli incitamenti dei fedeli, arriva saltando e correndo in Piazza dove è allestita una pira circolare chiusa da terra e da pietrame. Sotto il grido emozionante di: «Focu! Focu!» urlato da tutti i partecipanti, viene appiccato il fuoco alla legna ed il Santo, viene fatto girare attorno alle alte fiamme: sta uccidendo U Diavulazzu, il male dunque, ed il giro propiziatorio si ripete più volte alternandolo a balli e soste ed ai saluti da parte di San Michele alle famiglie che hanno allestito l’Artaru di San Giuseppe per il giorno dopo. I portantini abbassando lavara solo sul davanti danno l’idea di un inchino per rappresentare il saluto e facendo emergere la spada pronta a colpire raffigurano la lotta.
Da sempre, il fuoco segna i momenti di passaggio tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera; qui esso ha una doppia valenza simbolica rappresentando la distruzione di tutto ciò che affanna la comunità (fame, malattia, miseria, morte) ed è contemporaneamente rigeneratore e purificatore.
Quando il fuoco è quasi spento, il Santo viene riportato nella sua dimora permettendo così al comitato della festa di offrire alla comunità in Piazza del cibo: olive, formaggio e negli ultimi anni anche salsiccia. Sant’Anna era in passato un piccolo villaggio di agricoltori e pastori ed in un periodo di ristrettezze economiche e gastronozmiche come allora, colui il quale aveva fatto voto di allestire l’Artaru usciva col suo sacco mendicando ai vicini un’offerta (in cibo) in onore di San Giuseppe. Tutti hanno contribuito e continuano a farlo e la collaborazione è percepibile ancora adesso, forte tanto quanto prima.
Negli ultimi tempi si è anche costituito un comitato che raccoglie le offerte per la chiesa e che ha un ruolo fondamentale per l’apertura al pubblico della tavolata. L’altare che ospita i doni gastronomici viene rivestito con una stoffa o gialla o azzurra coperta da u trasparenti (la coperta “buona” di colore bianco con pizzi, merletti e ricami), sulla stessa si dispongono le offerte che devono seguire una precisa collocazione: al centro si sistema lu Sagramentu (pane con la forma di ostensorio il cui piede è rappresentato da un gallo), u vastuni di San Giuseppi si pone a sinistra, mentre la Treccia (simbolo della Madonna) va collocata a destra. La disposizione, dopo aver sistemato i simboli principali, seguirà un ordine simmetrico e speculare. A Sant’Anna fare il pane è un’arte e la dimostrazione sta nel vederlo plasmare nelle più svariante forme simboliche e sacrali: martello, tenaglia, sega, scala, la guastedda (copricapo), la varva, lu munnu, cervi, fave, pavoni, uva, angeli, palme e fiori. Davanti viene posto l’acronimo di “Viva Gesù Giuseppe e Maria” ottenuto con la cubata. Non mancano frutta e verdure: prima fra tutte compare l’arancia amara (cioè selvatica), il cui numero può variare da tre a dodici in base alla promessa fatta dal detentore del voto. Le frittate sono svariate e prive di carne e contengono tutte le verdure di stagione: finocchietti, asparagi, carciofi, cardi. Ed infine i dolci: sfinci, pingulata, rufuluna, ciarduna, cannola, pasti svizzeri, muddica e l’immancabile risu ‘ntaganu, il piatto speciale della festa di San Giuseppe, preparato con zucchero, miele e zafferano oltre al riso ovviamente. In tutti i piatti vengono aggiunti rametti di rosmarino (per allontanare gli spiriti malvagi e le malattie) e di alloro, pianta nobile per eccellenza. Intorno alle 10.00 il proprietario, che ha già concordato precedentemente col comitato, attende i personaggi che verranno a mangiare alla sua tavola, i quali busseranno ad altre due porte prima di giungere a quella esatta. Infatti l’ospitalità gli verrà negata e soltanto al terzo tentativo la formula verrà sostituita e non diranno di essere tre pastorelli in cerca di rifugio bensì di essere Gesù, Giuseppe e Maria: con questa espressione gli sarà aperto dando il via al lauto banchetto. La sera seguirà la processione del Santo per le vie del paese accompagnati dalla banda, dai giochi d’artificio e da numerosi fedeli. Noi de L’Urlo Cittadino vi invitiamo ad andarla a visitare perché tradizioni così antiche, seguite e partecipate andrebbero ulteriormente tutelate, valorizzate e promosse!
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Patrizia Noto

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